Provincia di Genova - Se non fosse per le minacce di morte («Ne ricevo diverse ormai, soprattutto di notte, e tutte mi augurano di fare la stessa fine dei cinghiali», dice sconsolato al telefono don Marco Fazio), la vicenda sarebbe anche grottesca. Il corpo del reato, cioè le carcasse dei due cinghiali uccisi, sono state trovate nel freezer della canonica e subito sequestrate dal Pm che ha aperto l’inchiesta. Da un parte, sul piede di guerra, ci sono gli animalisti che sabato scorso hanno inseguito di chiesa in chiesa il parroco della parrocchia di San Bartolomeo di Sori, in provincia di Genova, per protestare contro il suo gesto; dall’altro, le cinque persone, tutti cacciatori, finite nel registro degli indagati, insieme al prete, con l’accusa di «uccisione di animali con crudeltà e furto venatorio». In mezzo, lui, il povero curato, che qualcuno sul blog dell’Uaar (l’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti) ha già ribattezzato “don badile”. «Se fossi stato un normale cittadino e non un sacerdote, di questa storia non ne avrebbe parlato nessuno», sospira don Marco, «in realtà è il solito pretesto per attaccare la Chiesa».
vanghe e badili
«Il venti luglio scorso, dopo la messa vespertina, prima del banchetto», racconta il prete, «sette grossi cinghiali, che non erano affatto dei cuccioli come ha scritto qualcuno sui giornali, sono entrati nel recinto delle pecore dopo aver danneggiato la recinzione e si stavano avventando sul bestiame. A quel punto, alcuni giovani del paese sono intervenuti e con vanghe e badili ne hanno uccisi due, mentre gli altri cinque sono riusciti a scappare. Io ero lì presente ma non li ho nemmeno sfiorati, giuro». Di tutt’altro tenore la versione degli animalisti del Lav (Lega Anti Vivisezione) genovese: «A noi risulta invece che sia stato proprio il parroco a bloccare la via di fuga dei cinghiali agevolando, di fatto, l’azione dei cacciatori», dice la responsabile Daniela Filippi. Sta di fatto che l’episodio non è passato affatto inosservato. Prima sono scattate le indagini, curate da Gian Lorenzo Termanini, caponucleo delle guardie zoofile ambientali della provincia di Genova, poi l’iscrizione nel registro degli indagati dei sei da parte del sostituto procuratore Biagio Mazzeo. «Sono molto tranquillo anche perché tutta la mia gente è con me e mi sostiene», fa sapere don Marco, «come pure i miei superiori che sin dall’inizio di questa storia assurda mi hanno manifestato tutta la loro solidarietà». È un fiume in piena, il parroco: «Pensi che mi hanno persino descritto come un ubriacone mentre sanno tutti, in realtà, che sono astemio». A dirla tutta, però, il problema dei cinghiali che scorazzano liberi nei centri abitati esiste in tutta la provincia genovese. E non da oggi. Su questo, almeno, parroco e animalisti sono d’accordo. Molti di questi cinghiali, infatti, oltre a minacciare gli animali da cortile, distruggono gli orti e anche i muri che picconano con il loro muso. «Il problema è che tanta gente gli dà da mangiare e questo li spinge ancora di più a venire in città a far danni», spiega don Marco. «Questo è vero», ribatte la Filippi, «ma un prete deve occuparsi della salvezza delle anime non di quella degli orti».
la difesa
In attesa delle mosse della Procura, intanto, sabato scorso una quarantina di animalisti, tutti vestiti in nero, hanno protestato contro il parroco. «Il prete appena ci ha visti è scappato», racconta Filippi, «noi l’abbiamo seguito, ci siamo nascosti nella chiesa di Sussisa, tra i fedeli, e abbiamo assistito alla messa in silenzio. Alla fine, don Marco, che era molto agitato, si è difeso, dicendosi estraneo ai fatti e ha promesso che è pronto anche a scusarsi». Pace fatta o si tratta solo di una tregua?
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