La signora che li sfamava: «Chi butta esche qua e là uccide anche altre specie qui invece si è voluta colpire la mia attività»
Erbezzo (VR) - Ancora gatti morti avvelenati: la strage continua ad Erbezzo. La denuncia è di Loredana Garonzi, impiegata part-time in un'agenzia di assicurazioni, residente a Verona ma d'estate villeggiante ad Erbezzo, che il suo tempo libero lo spende nel dare sostentamento ai mici randagi del piccolo Comune montano.
Un'attività che la occupa anche nel periodo invernale, quando sale tre volte la settimana dalla città per assicurare un pasto ai suoi numerosi amici a quattro zampe.
Sono decine i felini (e in passato pure una volpe) che nel corso degli anni hanno eletto l'abitazione di via Monti Lessini a luogo di ristoro privilegiato, dove abbuffarsi di pastasciutta e croccantini, tra una scorribanda e l'altra nei boschi. Negli ultimi tempi i commensali fissi erano poco più di una ventina, in gran parte randagi, ma non mancavano i domestici del circondario che rimpinguavano il pasto casalingo alla mensa della Garonzi. Della allegra combriccola di buongustai però, oggi ne è rimasto solo uno, piccolo, spaurito, col pelo rossiccio. Il resto è stato spazzato via dalla mano di qualche sconsiderato che ha individuato nel veleno, messo probabilmente proprio nelle ciotole in cui trovavano conforto alla fame, il mezzo per consumare qualche assurda forma di ripicca. «Erano tutti gatti mangia e fuggi anche perché, a parte la mia, questa è una zona di case che rimangono aperte solo tra luglio ed agosto», spiega la Garonzi accarezzando Nerino, uno dei suoi gatti. «Quelli a cui do da mangiare sono per la maggior parte mici non domestici che vivono la loro vita tra fienili, legnaie o rifugi di fortuna. E che d'inverno, quando qui è tutto chiuso, mangiano tre volte la settimana, quando salgo da Verona apposta per portargli un po di cibo».
Chili di pastasciutta, croccantini e scatolette, che d'inverno rappresentano l'unico viatico alla fame di questi poveri gatti e che l'impiegata divide in sei ciotole riparate, per non farne ghiacciare il contenuto. «Quel tanto che basta per dargli sostentamento. E infatti non ne è mai morto uno di fame». Nella strage è rimasto vittima anche il micio dei vicini, che si concedeva qualche scappatella gastronomica in compagnia. Una morte orrenda anche per lui, come per i suoi venti commensali. Il racconto di Loredana è raccapricciante. «Alcuni li ho trovati morti vicino a casa, altri sono andati a morire altrove», ricorda. «Una morte lenta la loro, prolungata nel tempo. Tutti avevano la pancia gonfia, molle e striata di blu. Blu come le feci lasciate prima di morire». Stesso pasto, stessa fine. Il sospetto è che sia stato avvelenato il cibo che tutti i giorni Loredana prepara per la sua affezionata clientela. Un gesto mirato, compiuto da qualcuno che conosce bene le abitudini della signora e dei suoi amici. «Non siamo di fronte ad un killer dei gatti», conferma la Garonzi. «Quello butta un'esca qua e là, coinvolgendo anche altri animali, come i cani. No, qui qualcuno ha voluto colpire proprio la mia attività. Un'attività che non è segreta. Tutti qui sanno che da anni porto da mangiare ai gatti, ma si vede che c'è chi non l'ha mai mandata giù». E ha messo il veleno proprio nelle sue ciotole. Ma quale tipo di sostanza? «Non lo so proprio», dice la signora. «Ho letto di gatti morti per avvelenamento che saltavano, rantolavano o si contorcevano. No, qui è stato utilizzato qualcosa di molto più debilitante nel tempo». Le prime avvisaglie della strage risalgono alla fine di giugno. «Ho notato che giorno dopo giorno qualche ciotola rimaneva intoccata», ricorda Loredana. «Al momento ho pensato a scappatelle amorose. E' stato poi l'atteggiamento inappetente e la sparizione di un paio di gatte e dei loro piccoli a farmi balenare il sospetto che stesse accadendo qualcosa di molto più grave». Amara l'ultima considerazione di Loredana. «La tolleranza oggi è merce sempre più rara. Manca la pietà, quel poco di pietà che dovremmo avere sempre anche per gli animali».
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