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Un arsenale in mezzo al bosco

PESCIA (PT). In mezzo al bosco tra Stiappa, Croce a Veglia e Pontito avevano issato un vero e proprio fortino, difeso da sbarre chiodate, strisce di ferro e spunzoni per impedire a qualunque mezzo di avvicinarsi. E nel casolare trasformato in fortino, avevano costruito un arsenale: 10 fucili, di cui 4 non denunciati e 2 con la canna mozzata. Due pistole, una bomba a mano, due silenziatori, chili di munizioni. Ora due degli uomini che vivevano in quella casa immersa nei boschi della Svizzera Pesciatina sono finiti in carcere. E gli altri tre sono indagati. Dietro le sbarre per decisione del sostituto procuratore Emiliano Raganella sono finiti due fratelli di Pescia, R.G. e R.G., di 53 e 58 anni. Rischiano una condanna fino a otto anni per la detenzione delle armi non denunciate, della bomba ma soprattutto dei due silenziatori, il cui fine - ha spiegato il vice questore vicario Mauro Ciavardini, che ha coordinato in prima persona l’operazione - è al vaglio degli inquirenti. Il silenziatore infatti, è stato sottolineato in Questura, trasforma un’arma normalissima in un’arma di tipo da guerra. Le manette ai polsi dei due fratelli sono scattate sabato, dopo l’irruzione al casolare-fortino, all’interno del quale i poliziotti hanno trovato anche numerosi trofei imbalsamati, tra cui teste e code di lupo. Non sono stati trovati invece animali appena uccisi, anche se secondo le indagini l’attività di bracconaggio dei cinque era finalizzata soprattutto alla vendita di carne e all’imbalsamazione. L’operazione è nata da un normale controllo anti-bracconaggio della polizia provinciale. Gli uomini del comandante Franco Monfardini hanno trovato un fucile con la canna mozzata e hanno deciso di approfondire la questione, scoprendo che l’arma era di provenienza furtiva. Due indizi che hanno acceso l’indagine condotta insieme alla Questura di Pistoia e che ha portato a individuare i cinque individui, alcuni dei quali con piccoli precedenti penali, e il casolare in cui si rifugiavano in una zona isolata nei boschi di Pescia. E sabato è scattato un vero e proprio blitz da parte di 15 uomini tra agenti della provinciale e della polizia di stato: in pieno giorno sette mezzi fuoristrada sono arrivati nel bosco, si sono avvicinati senza destare il minimo sospetto al casolare, hanno accerchiato la struttura in cui si trovavano i bracconieri, difesa oltreché da bande chiodate, spunzoni e strisce di ferro posizionate nei vari sentieri, anche da decine di cani. In pochi attimi però i poliziotti sono penetrati nel fortino e hanno immobilizzato i bracconieri, portandoli in questura. In mezzo a quell’arsenale di armi denunciate e non denunciate è stata trovata anche una bomba a mano, utilizzata probabilmente per uccidere cinghiali in gruppo. Per farla brillare sono arrivati gli artificieri da Firenze.

Campania, l'80 % del territorio è area protetta. Federcaccia raccoglie firme per modificare la legge regionale.

Federcaccia Campania ha avviato una petizione per la modifica della legge regionale sulla caccia 8 del 1996 per richiedere l'ampliamento delle zone destinate all'attività venatoria, fortemente limitate in questa regione per la forte presenza di aree protette (che arriverebbero all'80 per cento del territorio). Una percentuale più che raddoppiata rispetto a quella prevista dalla legge nazionale. La situazione della caccia in Campania, secondo Fidc, è poi aggravata da altre limitazioni che portano molti cacciatori a richiedere la residenza venatoria in altre regioni italiane."Il vero problema – afferma Felice Buglione, presidente regionale di Federcaccia – è che si vede la caccia solo in modo negativo, senza considerare il ruolo fondamentale che questa attività esercita sull'ecosistema e la funzione che potrebbero avere i cacciatori nella tutela dell'ambiente e soprattutto della biodiversità, per la salvaguardia delle aree interessate, per la segnalazione degli incendi".Qui più che altrove, i danni causati all'agricoltura dalla fauna selvatica sono particolarmente aggravati dalla bassa influenza della caccia sul controllo delle popolazioni, con il risultato che la Regione si trova a dover sostenere ingenti costi per il risarcimento degli stessi. Non solo cinghiali, storni, tordi, si parla anche di migliaia di gabbiani, cresciuti a dismisura con l'emergenza rifiuti."Il cacciatore è, di fatto, una sentinella della biodiversità – conclude Buglione - coniugando passione, conoscenza ed esperienza delle aree protette, e aiutato da una legge adeguata, potrebbe migliorare alcuni processi che regolano l'equilibrio della fauna selvatica. Nei parchi naturali si consentono molte attività non compatibili con la salvaguardia dell'ambiente e non si sostiene la caccia". "Senza contare - conclude Federcaccia - l'indotto economico che produce e che potrebbe avere, se adeguatamente promossa, anche ai fini turistici, un'attività praticata da migliaia di persone".

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